
Intervenuto al convegno “Manutenzione straordinaria per l’Italia, un’occasione per crescere”, organizzato a Roma dal Nens (Centro studi fondato da Vincenzo Visco e Pier Luigi Bersani), il direttore generale dell’Ania, Mauro Montagnini, ha insistito sul fatto che in ottica di prevenzione del rischio sismico, senza l’obbligatorietà dell’assicurazione sulla casa “non si va da nessuna parte, perché non c’è nell’italiano l’attitudine ad assicurarsi se non per l’auto, dove è obbligato a farlo – e per la previdenza”.
“Se tutti gli italiani assicurassero la loro abitazione – ha aggiunto Montagnini - la spesa sarebbe molto più bassa di quella attuale, che va da 50 a 500-600 euro anni per ogni 100 mila euro assicurati, quindi con grandi differenze”, sottolineando che, invece, con una assicurazione obbligatoria sulle abitazioni si potrebbe “stare all’interno di un costo sui 70-80 euro l’anno per ogni 100 mila euro assicurati”. Una cifra molto più contenuta, che si può raggiungere però solo se si assicurano tutti.
Attraverso l’inserimento dell’obbligatorietà, lo Stato potrebbe decidere “che tipo di presenza avere nel sistema”. Gli assicuratori sanno fare bene alcune cose che lo Stato non può fare altrettanto bene, diluendo inoltre i tempi e aumentando i costi. “Noi possiamo offrire un vantaggio al cliente che in questo caso è un cittadino. Questa la scommessa che possiamo giocare insieme. Ma da soli non andiamo da nessuna parte”, ha concluso Montagnini.
Alessandro Genovesi, segretario generale Fillea Cgil, ha ricordato come nel campo dell’edilizia, “oggi dobbiamo rispondere a un'esigenza complessiva: il 73% delle opere di manutenzione sono piccoli interventi”.
La sfida del settore è “passare alla macro domanda e a nuovi modelli, diversificando norme e strumenti in funzione di stabili pubblici, edilizia privata non residenziale, storica o case moderne”, ha detto Genovesi. “Nel settore edile c’è concentrazione nelle qualifiche più basse e gli indici salariali sono molto bassi, non vengono riconosciuti i premi alla specializzazione. Nell’edilizia italiana c’è meno tecnologia rispetto ai settori edili degli altri paesi, gli orari di lavoro sono più lunghi e i salari più bassi”.