
Secondo uno studio della CGIL, oltre 6,2 milioni di lavoratori dipendenti in Italia guadagnano meno di 1.000 euro netti al mese, a causa di salari bassi, contratti precari, part time involontari e impieghi poco qualificati.
Nel 2023, 2,4 milioni di persone percepivano meno di 9,50 euro l’ora, mentre il 13,6% dei lavoratori restava sotto i 5.000 euro annui.
Solo il 7% supera i 50.000 euro lordi. Il salario medio lordo è stato di 23.662 euro, in crescita del 3,5%, ma insufficiente a coprire l’inflazione (+5,9%).
La CGIL propone l’introduzione di un salario minimo orario di 9 euro lordi, che migliorerebbe la condizione di oltre 2 milioni di lavoratori. Una delle criticità principali è il part time non scelto: il 54,8% dei lavoratori a tempo parziale in Italia vorrebbe un impiego a tempo pieno, ma non lo trova.
Si tratta del tasso più alto d’Europa, segno di un mercato del lavoro rigido e sbilanciato, dove l’offerta di ore lavorabili non corrisponde alla domanda di chi cerca un’occupazione stabile e dignitosa. Questo fenomeno contribuisce a comprimere ulteriormente i redditi, alimentando la diffusione del lavoro povero anche tra chi ha un impiego.