
L’Italia fa passi avanti nell’economia digitale, ma resta decisamente lontana dai big, penalizzata in particolare dal contesto normativo e frenata anche dal ritardo sulla banda larga.
In base al “Global Information Technology Report” 2016, pubblicato dal World Economic Forum, il nostro Paese occupa il 45° posto sui 139 Paesi presi in considerazione, con un miglioramento di 10 posizioni rispetto allo scorso anno, che significa uno dei maggiori balzi in avanti registrati in classifica. L’indice che misura come le economie usano le opportunità offerte dalle Information and Communications Technologies (Ict) per migliorare la competitività e il benessere assegna il primo posto a Singapore, davanti a Finlandia, Svezia, Norvegia e Stati Uniti. Nella “top ten” rientrano anche l’Olanda, la Svizzera, il Regno Unito, il Lussemburgo e il Giappone. Tra i Paesi europei la Germania è 15esima, la Francia 24esima, l’Irlanda 25esima e la Spagna 35esima.
Davanti all’Italia anche la Polonia (42esima) e - extra-Ue - il Costa Rica (44esimo). L’Italia precede di poco la Macedonia (46esima). Quattro le macro-categorie considerate per arrivare alla classifica finale: il contesto normativo e di business, la disponibilità delle reti in termini di infrastrutture, costi e competenze, l’uso da parte di cittadini, PA e aziende e infine l’impatto economico e sociale.
È proprio quest’ultimo ambito a favorire il balzo registrato dall’Italia nell’economia digitalizzata, con un miglioramento di 18 posizioni, al 48esimo posto del relativo indicatore. “Negli ultimi anni il Governo italiano ha lanciato un serie di iniziative che mirano a migliorare la disponibilità di servizi online per i cittadini e a creare un ambiente migliore per le start-up e le imprese innovative”, spiega il rapporto. Tra i punti più deboli dell’Italia in materia di Ict resta, tuttavia, il contesto politico e di business complessivo, categoria che vede il Paese addirittura all’85esimo posto.
Dal punto di vista del business a pesare sono soprattutto la scarsa disponibilità di venture capital (124esimo posto) e il peso del fisco sugli utili delle aziende (129esimo). Va meglio nel capitolo della disponibilità della rete che assegna all’Italia un 41esimo posto complessivo, grazie alle competenze presenti nel Paese (37esimo) e alle infrastrutture (39esimo), ma per i costi si sale alla 52esima posizione. Sul fronte dell’uso, brillano i privati (37esimo posto), un po’ meno le aziende (52esimo posto), mentre arranca ancora la PA (62esimo).