Secondo un’analisi condotta presso la Macquarie University in Australia e rilanciato dall’Ansa, su oltre 20.000 applicazioni per cellulari dedicate alla salute, il 28% delle app non offre all’utente alcun testo esplicativo sulle politiche per la privacy e almeno il 25% delle trasmissioni di dati dell’utenti contravviene quanto affermato nei testi dedicati ai regolamenti sulla privacy. Inoltre, l’88% delle app può avere accesso e potenzialmente scambiare i dati dell’utente.
Gli esperti australiani hanno confrontato oltre 15.000 app gratuite dedicate alla salute sullo store Google Play con un campione casuale di circa 8.000 app dedicate ad altro. Il risultato è indicativo: l’88% delle app dedicate alla salute può avere accesso ai dati dell’utente e potenzialmente condividerli: oltre un terzo può ad esempio chiedere l’e-mail dell’utente e un quarto il numero di telefono.
Ancora più delicato il fatto che l’87,5% delle operazioni di raccolta dati avvenga per conto di terze parti (servizi pubblicitari, analisi di mercato) e il 23% delle trasmissioni di dati utilizzi canali poco sicuri. In conclusione, secondo i ricercatori australiani la raccolta di informazioni personali dell’utente è una pratica pervasiva e le persone “dovrebbero essere informate prima dell’installazione e dell’uso sui regolamenti relativi alla privacy di queste app e sui rischi associati”.