Consumi
“Il secondo trimestre del 2023 evidenzia spiccati segnali di rallentamento dell’attività”, osserva Confcommercio. Le criticità che investono alcune grandi economie europee e le difficoltà nel riportare l’inflazione su valori più prossimi agli obiettivi di politica monetaria stanno inducendo una minore dinamicità della nostra economia.
Il processo di riapertura della Cina è avvenuto più velocemente e prima del previsto. Dopo l’annuncio di un graduale allentamento della politica zero-Covid a novembre, la Commissione Nazionale per la Salute ha alla fine deciso di abbassare il livello di rischio del Covid-19 a fine dicembre.
Nonostante la ripresa post-pandemia i consumi di marzo in Italia sono ancora in forte perdita rispetto al periodo pre-Covid. È quanto emerge dall’Osservatorio Confimprese-EY sui consumi sulla base del raffronto dei dati marzo 2022 che, rispetto al marzo 2019, registra un calo del 19,3%.
Durante i mesi di lockdown una famiglia su due ha mediamente risparmiato 480 euro, contenendo le spese di utenze, assicurazioni e prodotti finanziari.
Nel 2020 sono stati bruciati consumi per 116 miliardi di euro, circa 1.900 euro a testa, a causa dell’emergenza pandemica.
La fine del lungo periodo di isolamento e la graduale ripresa delle attività hanno fermato la spirale negativa legata all’emergenza sanitaria, ma nel mese di maggio la domanda delle famiglie è ancora rimasta al di sotto della normalità. Infatti, secondo i calcoli dell’Ufficio studi di Confcommercio, nel confronto annuo l’indicatore dei consumi (ICC) segna un calo del 29,4%, dato meno negativo rispetto al -47% di aprile, ma che conferma grandi difficoltà soprattutto per i servizi legati alla fruizione del tempo libero.
Secondo le analisi dell’Istat, nel terzo trimestre dell’anno il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dello 0,4%. Di conseguenza, la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è diminuita di 0,1 punti percentuali scendendo all’8,9%.
Rispetto all’anno precedente nel 2017 l’Istat stima un aumento della diseguaglianza nella distribuzione delle spese. La debole ripresa economica non è sufficiente a spingere i consumi degli italiani e a soffrire sono ovviamente le persone dal reddito più basso.
Secondo un’analisi dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre, su oltre 1.680 miliardi di ricchezza prodotta in Italia, quasi l’80& (il 79,6%) è riconducibile ai consumi interni che, a loro volta, sono composti per il 60,8% dalla spesa delle famiglie e un per un altro 18,8% dalla spesa della Pubblica amministrazione.
Dopo otto lunghi anni di crisi, il Natale 2015 è stato il primo, dal 2007, a registrare un aumento dei consumi degli italiani. Infatti, in base alle analisi del Codacons, la crescita complessiva dei consumi per la festività natalizia è stata del 3% rispetto all’anno scorso.