Allianz Trade, leader mondiale dell'assicurazione crediti ha analizzato i profitti delle aziende, per settore e Paese, per comprendere gli effetti dell'inflazione. Con il 40,8% del valore aggiunto lordo alla fine del 2022, i margini delle società non finanziarie sono in media di +0,6 punti percentuali sopra la media, con Italia (44,8%) e Spagna posizionate meglio rispetto a Germania e Francia. Tuttavia, ci sono differenze significative tra i settori.
I margini di profitto sono aumentati in particolare nell'agroalimentare, dove i rivenditori sono stati in grado di aumentare i propri margini al 78,6% nel quarto trimestre del 2022 (12,3 punti percentuali in più rispetto al livello pre-pandemia).
Analogamente, nelle costruzioni, la quota dei profitti si è attestata al 54,4% (9,3 punti percentuali in più rispetto ai livelli pre-pandemia). Nel settore manifatturiero, la Spagna rimane nella migliore posizione, data la sua competitività e le riforme attuate (figura 13). Nell'industria alimentare in particolare, il margine dei profitti in Francia è ora ben al di sopra della sua media pre-pandemia (al 48,1% nel primo trimestre del 2023, rispetto a una media pre-pandemia del 40%) poiché i costi dei fattori di produzione stanno diminuendo (inclusa l'energia), mentre gli attori del settore stanno aumentando i loro prezzi di vendita.
Il settore delle costruzioni in Italia è stato in grado di aumentare i prezzi grazie alla ripresa della domanda negli ultimi due anni. Il credito d'imposta relativo alla misura del "super bonus", stabilito per migliorare l'efficienza energetica del patrimonio abitativo, ha spinto verso l'alto la domanda ma al contempo ha gonfiato i prezzi legati all'edilizia. Anche se prevediamo che gli investimenti continueranno, sostenuti anche dalle risorse del Pnrr e quindi la domanda rimarrà vivace, ci aspettiamo una correzione nei prossimi trimestri, dato che anche il generoso sostegno del governo è stato riorientato riducendo l'importo.
Previsioni: cosa aspettarci nel 2023?
Dovremmo aver superato il picco dell'inflazione determinato dagli utili aziendali. Il decennio prima della pandemia non ha consentito alle aziende di aumentare i prezzi in un regime di produzione globalizzata. Anche le strategie "just-in-time" hanno consentito di ridurre i costi. Lo shock dei prezzi delle materie prime che ha seguito la pandemia, la crisi energetica e i colli di bottiglia della catena di approvvigionamento (chip, trasporto merci) hanno conferito alle aziende dei settori a valle delle catene del valore una sorta di monopolio per sostenere un'inflazione da profitti. Anche diversi settori a monte hanno acquisito rilevanza sistemica, come la logistica e l'autotrasporto. Tuttavia, gli ultimi indicatori sul potere di determinazione dei prezzi suggeriscono che una certa decelerazione sta prendendo piede e anche le spinte deflazionistiche cominciano a diventare visibili (metalli, prodotti chimici, tessili).
“Il miglioramento delle prospettive del Pil per il 2023, con una crescita prevista intorno all'1.1%, insieme al rientro dell'inflazione, dovrebbe avere un impatto positivo sull'immediato futuro, soprattutto se il Sistema Italia sarà in grado di incrementare, quanto più possibile, produttività e salari. Lo scenario rimane, tuttavia, incerto, con le aziende che si troveranno ad affrontare condizioni di incertezza geopolitica e mercati finanziari ancora instabili. Rimaniamo fiduciosi, in quanto le imprese del nostro paese si sono dimostrate storicamente resilienti ai cicli economici negativi facendo leva sulla capacità di fare rete, sull'innovazione e sulla visione imprenditoriale, da sempre elementi distintivi del made in Italy”, sostiene Costantino Scozzafava, chief commercial officer, Paesi Mediterranei, Medio Oriente e Africa per Allianz Trade.