
Nel Regno Unito è da poco stata lanciata Bud, un’applicazione di servizi finanziari creata appositamente per un pubblico dall’età tra i 18 e i 35 anni.
Il progetto di fintech è nato in seguito al monito diffuso lo scorso mese dalla Wealth Management Association, che richiamava l’industria alla necessità di una piattaforma online facilmente accessibile e di semplice utilizzo. Secondo la WMA mancava infatti un luogo virtuale che permettesse ai millennials di trovare agilmente tutte le informazioni di cui hanno bisogno, in cui siano esposte in modo imparziale e soprattutto con un linguaggio facilmente comprensibile anche da chi non ha ricevuto una formazione economica di alto livello.
Gli sviluppatori di Bud hanno cercato di creare un prodotto che rispondesse proprio a queste esigenze: un one-stop shop per la gestione finanziaria che permette di svolgere una vastissima gamma di operazioni da dispositivi mobile. Si va dalla possibilità di controllare il proprio conto corrente online, all’effettuazione di pagamenti direttamente da cellulare, senza tralasciare la richiesta di prestiti e l’acquisto di soluzioni d’investimento.
Ed Maslaveckas, fondatore e amministratore delegato della start up, l’ha definito un “Moneysupermarket per i millennials”. Molte risorse sono state inoltre investite nello spiegare i concetti finanziari nel modo più semplice possibile, evitando il gergo tecnico inaccessibile alla stragrande maggioranza del pubblico.
La diffidenza verso i professionisti della finanza
Secondo uno studio condotto da Bud in occasione del suo lancio, solo il 12% dei millennials si rivolge a consulenti professionisti, sebbene più di un quarto del totale faccia quotidianamente uso di servizi finanziari. Questo dato dovrebbe destare interesse negli operatori del settore: i giovani infatti avrebbero bisogno di assistenza e di informazioni economiche, ma faticano a trovare luoghi percepiti come “invitanti” in cui cercarle.
Alla luce di tale consapevolezza, Maslaveckas ha ribadito che il settore fintech può avere un ruolo chiave nel colmare questo gap. Il problema sta proprio nel fatto che spesso alle imprese questa consapevolezza manca del tutto.