
Con l’avvento di Internet e degli assistenti virtuali come Alexa o Cortana le misure di sicurezza fisiche non bastano a mettere in completa sicurezza le abitazioni. Dal televisore al frigorifero, dal campanello al microonde, quasi tutti gli oggetti di uso quotidiano possono essere connessi a internet e aprire nuove criticità. Il passaggio dall’analogico al digitale ci pone davanti a problematiche legate alla privacy e alla sicurezza informatica.
Matteo Alessandro Pagani, Delegato Federprivacy nell’area metropolitana di Milano, spiega sul sito di Federprivacy che l’interconnessione dei vari oggetti di casa alla base del concetto di Internet of Things creano una sorta di ecosistema digitale. “Questa interconnessione apre nuove frontiere a potenziali criticità che, partendo da un singolo oggetto connesso, si espandono velocemente a tutti gli altri membri di tale ecosistema, con risultati a volte catastrofici. Uno dei casi più eclatanti è quello di “Ring”, una società acquistata nel 2018 da Amazon, che offre prodotti come citofoni e telecamere connessi a Internet. La società sta affrontando, negli Stati Uniti, una class action a seguito di svariate violazioni della sicurezza che hanno provocato gravi disagi per i consumatori. Tali prodotti sono disponibili anche in alcuni Stati membri dell’Unione Europea, come Francia e Germania. Dato che spesso tali citofoni e telecamere intelligenti comprendevano anche un altoparlante oppure erano connessi ad un assistente vocale, i malintenzionati tormentavano le vittime con minacce di morte, epiteti razzisti e, in un caso in cui l’assistente virtuale e una delle telecamere erano installate nella cameretta di una bambina di otto anni, tentativi di circuire una minorenne.”
La società si è difesa affermando che tali violazioni fossero avvenute per causa imputabile, in via esclusiva, ai consumatori in quanto, questi, avrebbero utilizzato password deboli, non avendo, inoltre, essi attivato l’autenticazione a due fattori per l’accesso.
Ma i problemi di sicurezza sistema Ring erano tali che addirittura, prima che la polizia sgominasse la banda, un gruppo di hacker aveva creato un podcast dove gli spettatori potevano assistere in diretta alla violazione delle telecamere di Ring e alle gravi minacce, o scherzi di dubbio gusto, perpetrati a danno delle vittime.
“Pertanto – ha aggiunto Pagani - senza dover necessariamente fare a meno dei potenziali benefici garantiti da una casa c.d. “intelligente”, è necessario che gli sforzi per una maggiore sicurezza e rispetto della privacy provengano sia dal consumatore che dal produttore. Da un lato, il produttore deve garantire e mantenere costantemente aggiornato il perimetro di difesa informatica dei propri prodotti, dall’altro il consumatore dovrebbe essere sensibilizzato sulle norme base di “igiene informatica” quali, ad esempio, l’impiego di password complesse che vengano aggiornate, almeno, ogni tre mesi evitando, tra l’altro, di utilizzarle per più dispositivi”.