
Secondo l’EY Wealth and Asset Managers Generative AI Survey il 98% dei Wealth & Asset Manager sta già investendo nell’Intelligenza Artificiale generativa, ha intenzione di farlo o è fortemente interessato ad approfondirla; di questi, il 48% investe in GenAI già oggi, mentre il 36% ha pianificato investimenti.
Realizzata su un campione di 227 operatori del settore a livello globale, compresa l’Italia - tra wealth manager, private banker, asset manager, gestori patrimoniali alternativi e hedge funds - secondo l’indagine i gestori patrimoniali stanno dimostrando un crescente interesse per le soluzioni di intelligenza artificiale generativa e hanno iniziato ad organizzare strutture interne dedicate.
Il 75% degli operatori intervistati, afferma di aver già costituito un team dedicato, mentre tra coloro che devono ancora farlo, il 79% prevede di formarne uno entro i prossimi 1-2 anni. La creazione di un team dedicato all’intelligenza artificiale richiede un investimento che gli intervistati valutano superiore ai 10 milioni di dollari, finanziati prevalentemente dai budget IT e di corporate strategy.
Dall’indagine emerge che i fattori trainanti degli investimenti in GenAI riguardano soprattutto i benefici attesi in termini di miglioramento dell'esperienza del cliente e della qualità del servizio, incremento dell’efficienza generato dall'automazione delle attività (62%) e riduzione dei costi (56%).
Gli operatori si dicono ottimisti riguardo agli effetti positivi della GenAI in termini di efficientamento dei costi, che per il 75% dei rispondenti si manifesteranno già entro il prossimo anno o due. Front office, onboarding dei clienti (57%) e lo sviluppo di prodotti (49%) sono le aree in cui i Wealth & Asset manager si aspettano di vedere il massimo risparmio in termini di tempo e costi. Per quanto riguarda i rischi legati all’intelligenza artificiale, la grande maggioranza dei Wealth & Asset manager (91%) ha espresso preoccupazione riguardo all’accuratezza (67%), alla qualità (45%) e alla privacy (42%) dei dati utilizzati. L’81% degli operatori intervistati ha però stabilito un framework di governance/rischio o è in procinto di definirne uno.