A meno di tre settimane dall’assemblea degli azionisti di Generali, in programma il prossimo 29 aprile le associazioni Re:Common e Greenpeace Italia lanciano “Cambiamento climatico assicurato”, un report che analizza il legame di Generali con il business del carbone in Europa.
Secondo la pubblicazione Generali resta player chiave nel sostenere il settore europeo del carbone, in particolare in quei Paesi che dipendono ancora fortemente dal più inquinante dei combustibili fossili, come la Polonia, la Repubblica Ceca e la Germania. Un sostegno che secondo le due associazioni, ostacola la transizioni verso un’economia basata sulle energie rinnovabili.
Gli investimenti di Generali nelle società carbonifere ammontano ancora a 203 milioni di euro si legge nel report, tra cui spiccano i 20 milioni in RWE, società più inquinante d’Europa, di cui è il primo investitore italiano. Di recente proprio la società energetica tedesca ha deciso di portare in tribunale i Paesi Bassi, per la decisione di chiudere entro il 2030 con il carbone per la produzione di energia elettrica.
Re:Common e Greenpeace Italia evidenziano l’ostinato legame di Generali con alcuni suoi clienti, grandi aziende del settore del carbone in Polonia e Repubblica Ceca. Generali ha infatti etichettato questi due Paesi, tra i maggiori utilizzatori di carbone in Europa, come “eccezioni” rispetto agli impegni presi nel 2018, anno in cui avvennero i primi annunci di Generali sull’abbandono del carbone, con l’obiettivo di disinvestire gradualmente circa 2 miliardi di euro di asset carboniferi e l’esclusione di coperture assicurative per nuovi clienti del settore, nonché per la costruzione di nuove miniere e centrali.
Il report spiega che grazie a questo escamotage, ancora oggi il Leone di Trieste intrattiene rapporti, ad esempio, con PGE e ČEZ, aziende controllate dallo Stato rispettivamente in Polonia e Repubblica Ceca, che hanno tra i più alti livelli di emissioni di gas serra in Europa. Il ruolo delle compagnie assicurative nei progetti fossili è decisivo: miniere, centrali, oleodotti e gasdotti non potrebbero operare senza copertura assicurativa. Generali in questo non fa eccezione, senza dimenticare il ruolo che riveste come investitore e gestore di asset per conto di terzi, come avviene ad esempio per alcuni fondi pensione polacchi.
In un periodo in cui il diritto di respirare abbraccia significati più ampi, è impensabile come si possa continuare ad assicurare e investire nel carbone”, commenta Simone Ogno di Re:Common, “Se Generali vuole prendere seriamente l’emergenza climatica in corso, è bene che interrompa immediatamente ogni relazione con tutte quelle società che non prevedono di chiudere con il carbone entro il 2030”. Luca Iacoboni di Greenpeace sostiene che “l’emergenza climatica non ammette eccezioni. E lo stesso deve fare Generali, chiudendo immediatamente i rapporti società come PGE e CEZ, e avviando un serio e rapido percorso di abbandono di tutti i combustibili fossili, compreso il gas”.
Le due associazioni sostengono che nell’anno in cui l’Italia ricopre la presidenza del G20 e la vicepresidenza della CoP26, “Generali non può continuare a nascondersi dietro slogan che tingono di verde il suo business nero”. Gli occhi del mondo saranno puntati sull’Italia in materia di clima, ambiente e transizione ecologica, con tantissime persone che chiederanno a gran voce di smetterla con le false promesse e di passare ai fatti. Una richiesta per i governi, per le società energetiche e anche per la finanza, Generali compresa.