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L’industria del carbone si vede sempre più costretta ad accantonare decine di milioni di dollari come forma di autoassicurazione, in considerazione delle sempre maggiori difficoltà che trova a reperire coperture assicurative, in particolare per nuovi progetti.
A meno di tre settimane dall’assemblea degli azionisti di Generali, in programma il prossimo 29 aprile le associazioni Re:Common e Greenpeace Italia lanciano “Cambiamento climatico assicurato”, un report che analizza il legame di Generali con il business del carbone in Europa.
Allianz Global Investors (AllianzGI), uno dei principali asset manager attivi a livello mondiale, ha realizzato “Carbon Footprint Calculator”, un simulatore smart digitale in grado di calcolare in modo veloce il proprio impatto ambientale in termini di CO2 prodotta.
Nell'ambito della sua strategia di eliminazione graduale del carbone, iniziata nel 2018, la compagnia francese Groupama ha annunciato una serie di nuove misure.
AXA XL ha presentato la Strategia per la Gestione del Carbonio, con l’obiettivo di accelerare il proprio contributo alla transizione verso un'economia più sostenibile e a ridotte emissioni di carbonio entro il 2050.
Greenpeace e Re:Common, insieme alle ong che sostengono la campagna “Unfriend Coal/Insure Our Future”, hanno reso pubblica la lettera inviata agli amministratori delegati delle 30 principali compagnie assicurative del mondo, con cui chiedono di non sostenere più nuovi progetti del settore oil&gas, cioè quelle iniziative che allontanano il raggiungimento degli obiettivi climatici internazionali. Insomma, le assicurazioni devono fare di più: “Mentre i governi pianificano la ripresa dalla crisi causata dalla pandemia, gli assicuratori devono sostenere la transizione verso un futuro sostenibile, equo e resiliente come sottoscrittori e investitori”.
A Moody’s piace la decisione dei big player assicurativi come Allianz, Axa, Swiss Re, Munich Re e Zurich di ridurre coperture e investimenti nelle imprese operanti nel settore delle energie fossili e in particolare nel carbone.
Alla luce delle recenti catastrofi legate ai cambiamenti climatici, si avverte una crescente enfasi sulla necessità per le imprese di incoraggiare la transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio, efficiente in termini di risorse.
Chubb è ormai pronta ad annunciare lo stop della fornitura di coperture assicurative alle centrali elettriche alimentate a carbone (12 centrali a carbone in Italia), secondo quanto riportato dal Financial Times.
La compagnia di assicurazioni e gestione patrimoniale Nationale Nederlanden (NN) ha annunciato che a partire dal 1° luglio cesserà di sottoscrivere polizze con le imprese che ricavano più del 30% delle loro entrate dall’estrazione del carbone, comprese le società elettriche.
Varma Mutual Pension Insurance, il più grande investitore privato finlandese e una delle principali società di assicurazioni previdenziali del paese scandinavo, ha spiegato in una nota che sta continuando a ridurre gli investimenti in società che dipendono da fonti energetiche fossili che ormai sono scesi a un livello trascurabile.
In concomitanza con il via della CoP 24 di Katowice, la rete Unfriend Coal – che comprende Greenpeace e Re:Common – ha lanciato un report per analizzare il sostegno dell’industria assicurativa al comparto carbonifero.
Il gruppo Generali comunica che non fornirà più alcun servizio assicurativo Danni a nuovi potenziali clienti che abbiano attività legate al carbone, a prescindere dalla loro consistenza economica e dalla posizione geografica.
“Acqua alta in arrivo”, “Cambiamenti climatici in corso”. Sono alcuni dei messaggi con cui i volontari di Greenpeace hanno manifestato in circa 15 città italiane davanti alle agenzie di Assicurazioni Generali.
Niente più prestiti o investimenti nelle centrali elettriche a carbone. Così ha deciso la compagnia giapponese Nippon Life Insurance Co che risponde in questo modo alle crescenti preoccupazioni di natura ambientale. Ed è il primo grande investitore istituzionale giapponese a prendere una simile iniziativa. Negli ultimi mesi le banche giapponesi hanno ristretto i criteri per l’assegnazione di prestiti alle società energetiche del carbone.