Dal Garante della privacy arriva un no alla banca dati online della reputazione. Il progetto per la misurazione del “rating reputazionale”, elaborato da una organizzazione articolata in un’associazione e da una società preposta alla gestione dell’iniziativa viola, secondo il Garante, le norme del Codice sulla protezione dei dati personali e incide negativamente sulla dignità delle persone.
L’infrastruttura, costituita da una piattaforma web e un archivio informatico, dovrebbe raccogliere ed elaborare una mole rilevante di dati personali contenuti in documenti “caricati” volontariamente sulla piattaforma dagli stessi utenti o “pescati” su internet. Attraverso un algoritmo, il sistema assegnerebbe quindi ai soggetti censiti degli indicatori alfanumerici in grado, secondo la società, di misurare in modo oggettivo l’affidabilità delle persone in campo economico e professionale.
Nel disporre il divieto di qualunque operazione di trattamento presente e futura, il Garante ha ritenuto che il sistema comporti rilevanti problematiche per la privacy a causa della delicatezza delle informazioni che si vorrebbero utilizzare, del pervasivo impatto sugli interessati e delle modalità di trattamento che la società intende mettere in atto.
Pur essendo infatti legittima, in linea di principio, l’erogazione di servizi che possano contribuire a rendere maggiormente efficienti, trasparenti e sicuri i rapporti socioeconomici, il sistema in esame (realizzato in assenza di una idonea base normativa) presuppone una raccolta massiva, anche online, di informazioni suscettibili di incidere significativamente sulla rappresentazione economica e sociale di un’ampia platea di individui (clienti, candidati, imprenditori, liberi professionisti, cittadini).
Il “rating reputazionale” elaborato potrebbe ripercuotersi sulla vita delle persone censite, influenzando le scelte altrui e condizionando l’ammissione degli interessati a prestazioni, servizi o benefici. Per quanto riguarda, poi, l’asserita oggettività delle valutazioni, la società non è stata in grado di dimostrare l’efficacia dell’algoritmo che regolerebbe la determinazione dei “rating” al quale dovrebbe essere rimessa, senza possibilità di contestazione, la valutazione dei soggetti censiti. L’Autorità nutre, in generale, molte perplessità sull’opportunità di rimettere a un sistema automatizzato ogni decisione su aspetti così delicati e complessi come quelli connessi alla reputazione.
Dubbi sono stati espressi dal Garante anche sulle misure di sicurezza del sistema basate, prevalentemente, su sistemi di autenticazione “debole” (user id e password) e su meccanismi di cifratura dei soli dati giudiziari.