
KPMG ha condotto uno studio intitolato “Empowered for the future: Insurance reinvented” con lo scopo di sondare la capacità adattiva delle compagnie ai cambiamenti demografici e tecnologici. Gli intervistati - più di 70 dirigenti del settore - operano in tutto il mondo: la metà in Europa, il 19% dell’area Asia e Pacifico, il restante 31% in America.
La ricerca restituisce un’immagine accurata dell’approccio che le imprese assicurative adottano nei confronti delle trasformazioni dei mercati, e ciò che è emerso è un sistema di risposta molto poco dinamico.
La rivoluzione tecnologica
Il principale fattore di cambiamento di cui tutte le attività economiche dovrebbero tenere conto è la massiccia diffusione della tecnologia – in particolare dei dispositivi mobili – nella vita quotidiana. Lo studio rivela che il settore assicurativo sta iniziando oggi ad adeguarsi a questa nuova (ma non poi così tanto) tendenza, mentre altri business hanno sperimentato una rivoluzione interna già vent’anni fa. Il vantaggio per il comparto insurance sta nel fatto di aver avuto la possibilità di osservare a lungo l’evoluzione degli altri settori, dunque di trovarsi oggi più preparato per affrontare le sfide che gli si pongono. Nonostante ciò secondo il report servirebbero misure drastiche per portarsi effettivamente al passo con i tempi, in quanto il 57% degli intervistati ha ammesso che gli sforzi compiuti fin ora hanno prodotto risultati molto modesti.
Il peso della regolamentazione
Mark Inkster, chief digital officer di Aegon Asian, sostiene che l’inasprimento dei sistemi di regolamentazione costituisce una notevole barriera alla trasformazione digitale, poiché costringe le aziende a muoversi troppo cautamente. Ciò penalizza soprattutto le start up, ovvero quelli che dovrebbero essere gli agenti chiave del cambiamento ma che in un ambiente normativo così rigido faticano a sopravvivere.
Il focus sui clienti
Secondo KPMG il più grande problema del settore assicurativo è che il focus principale del business non sono i clienti. Ci si concentra troppo sull’ambiente legislativo, mentre l’analisi dei bisogni degli acquirenti rimane in secondo piano. Meno del 25% degli intervistati si aspetta - per esempio - che il settore sarà minacciato da cambiamenti di comportamento dei clienti negli anni a venire.
Questo modus operandi è, a detta di Mary Trussell (autrice dello studio), pericoloso e sbagliato in quanto dovrebbero essere proprio gli utenti finali a ispirare l’industria a reinventarsi. Un cambio di prospettiva è quindi più che necessario: nessun tipo di attività economica oggi può permettersi di prescindere da seri programmi di customer care.