
L’economia italiana avanza, ma a fatica: secondo il Centro Studi di Unimpresa, il PIL nel 2025 crescerà tra lo 0,7% e lo 0,9%, un ritmo troppo lento per recuperare il terreno perso negli ultimi anni. L’inflazione, scesa all’1,3%, non basta a restituire alle famiglie il potere d’acquisto eroso durante la crisi. I salari aumentano del 3,1%, ma il divario con l’inflazione cumulata degli ultimi due anni rimane ampio, lasciando i lavoratori ancora indietro rispetto ai livelli pre-pandemici.
Il mercato del lavoro, pur in crescita numerica, rivela profonde fragilità. Nel 2024 gli occupati hanno superato i 24 milioni, con un tasso di occupazione al 62,2%, ma l’84% delle nuove assunzioni riguarda contratti a termine, e un terzo di questi dura meno di 30 giorni. La cassa integrazione è in aumento, segno di un’occupazione sempre più instabile, mentre la produttività ristagna dopo il calo del 2,5% registrato nel 2023. Le disparità territoriali e di genere restano marcate: il tasso di inattività è al 42,4% per le donne e raggiunge il 43,9% nel Mezzogiorno, evidenziando un mercato del lavoro che include ancora troppo poco.
A complicare il quadro, gli investimenti privati perdono slancio, frenati dai tassi elevati e dalla fine della spinta del Pnrr. Intanto, le tensioni geopolitiche, l’instabilità dei prezzi energetici e il declino demografico pesano sulle prospettive future.
“L’Italia cresce, ma senza la forza necessaria per affrontare le sfide che ci attendono", avverte Mariagrazia Lupo Albore, direttore generale di Unimpresa. “Servono politiche industriali coraggiose, maggiori investimenti in innovazione, un mercato del lavoro più stabile e inclusivo, e una riforma fiscale e previdenziale che contrasti l’invecchiamento della popolazione. Senza un cambio di rotta, rischiamo anni di stagnazione, con conseguenze gravi per occupazione, salari e finanze pubbliche”.