Unimpresa
L’escalation militare scatenata dall’attacco statunitense a tre siti nucleari in Iran e dalla risposta immediata di Teheran contro Israele non è solo una nuova crisi geopolitica, ma una bomba a orologeria per l’economia italiana.
Nel 2024 le imprese italiane hanno dovuto affrontare il costo dell’energia elettrica più alto tra i grandi Paesi europei: una media di 109 euro per megawattora, a fronte dei 78 euro della Germania, 63 della Spagna e 58 della Francia. Un divario che, rispetto a Parigi, raggiunge un preoccupante +47%, penalizzando in particolare i settori energivori come grande distribuzione, ristorazione e turismo.
L’economia italiana avanza, ma a fatica: secondo il Centro Studi di Unimpresa, il PIL nel 2025 crescerà tra lo 0,7% e lo 0,9%, un ritmo troppo lento per recuperare il terreno perso negli ultimi anni. L’inflazione, scesa all’1,3%, non basta a restituire alle famiglie il potere d’acquisto eroso durante la crisi. I salari aumentano del 3,1%, ma il divario con l’inflazione cumulata degli ultimi due anni rimane ampio, lasciando i lavoratori ancora indietro rispetto ai livelli pre-pandemici.
Nel 2024, il credito alle imprese italiane ha subito una contrazione significativa di 18,85 miliardi di euro, passando da 617,8 miliardi a 598,9 miliardi.
Le piccole e medie imprese che integreranno l'intelligenza artificiale nei loro processi potrebbero vedere un aumento dei ricavi annui tra il 10% e il 20% nei prossimi cinque anni. È quanto emerge da uno studio del Centro studi di Unimpresa rilanciato da Radiocor.
Tra il 2021 e il 2024, l’aumento vertiginoso dei costi energetici ha colpito duramente le famiglie e, in misura maggiore, le piccole e medie imprese (PMI). Secondo un report del centro studi di Unimpresa, i costi dei carburanti, spinti dalle tensioni internazionali e dall’incertezza economica, hanno subito rincari significativi che potrebbero continuare anche nel 2025.
Tra i cinque principali paesi europei, l’Italia ha il dato peggiore per quanto riguarda l’evasione dell’Iva. Nonostante i progressi registrati nel 2022, con una riduzione del gap Iva dal 21,5% del 2021 al 10,8%, il divario rimane il più alto rispetto a Germania, Francia, Spagna e Olanda.
Nel 2023 sono crollati di 40 miliardi di euro i prestiti bancari destinati alle imprese e alle famiglie italiane. È quanto emerge dal rapporto sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale il totale dei finanziamenti è passato da 1.328 miliardi a 1.288 miliardi.
Nei primi sette mesi del 2023 si è registrata una preoccupante inversione di tendenza nell’andamento delle sofferenze bancarie: i crediti “malati” delle banche sono cresciuti, infatti, di oltre 2 miliardi di euro tra dicembre 2022 e luglio scorso con un aumento che sfiora il 16%.
Sui conti pubblici italiani aleggia la minaccia dei derivati. I titoli derivati presenti sui bilanci dello Stato centrale e degli enti locali ammontano a oltre 22 miliardi di euro.
Il sistema imprenditoriale italiano è a trazione familiare, con poco meno del 40% delle quote delle società per azioni made in Italy è posseduto da famiglie, mentre sui listini dominano gli azionisti internazionali titolari di oltre il 50% delle spa quotate.
Secondo un’analisi di Unimpresa, nel 2017 più della metà delle società quotate sono in mano agli stranieri. Anche se, complessivamente, il sistema imprenditoriale del nostro Paese è a trazione familiare, in borsa non comandano gli italiani.
La crisi continua a fare paura agli italiani che giocano in difesa. Non spendono le famiglie e anche le imprese preferiscono non toccare i fondi. Sta di fatto che secondo Unimpresa il denaro non circola e in un solo anno le riserve in banca sono aumentate di oltre 35 miliardi di euro.
Nonostante i timidi segnali di ripresa, la crisi continua a far paura agli italiani. Le aziende non investono e le famiglie non spendono, preferendo accumulare: in banca aumentano le riserve, cresciute in un anno di oltre 50 miliardi di euro.
Unimpresa ha effettuato un’analisi sulla ripartizione del debito del nostro Paese per sottoscrittori: oltre il 30% è in mano a soggetti stranieri.