
L’edizione 2020 dell’”European Risk Manager Report” realizzato dal Ferma (Federazione delle Associazioni europee di Risk Management) e PwC sostiene che la pandemia abbia accelerato il processo di evoluzione del Risk / Insurance Manager, il cui ruolo assume sempre maggiore rilevanza per garantire la sopravvivenza dell’impresa.
Secondo i dati dello studio, l’Italia si dimostra il paese maggiormente virtuoso a livello europeo, dimostrando una consapevolezza sempre maggiore del ruolo dei professionisti del rischio e una maturità crescente della disciplina: il 42% dei Risk Manager italiani, infatti, è responsabile del processo di Enterprise Risk Management, curando attività quali lo sviluppo delle risk map (91%), l’implementazione e la diffusione della risk culture aziendale (82%), il disegno e lo sviluppo di misure di risk control e prevention (75%). I risk manager italiani sono inoltre i più qualificati, dal punto di vista accademico, a livello europeo: il74% di loro, oltre ad avere una qualifica specifica in Risk o Insurance Management, possiede anche una certificazione professionale nelle tematiche di Risk Management, o è in procinto di conseguirla, contro una media generale del 44%.
L’emergenza Covid ha contribuito a far comprendere come per le aziende sia una necessità imprescindibile poter contare su una corretta mappatura dei rischi nel breve come nel lungo periodo. Secondo l’indagine di Ferma e PwC, tra i rischi maggiormente percepiti in Italia (le rilevazioni si riferiscono a febbraio 2020) sono da annoverare le minacce cyber (39%), le incertezze relative alla crescita economica (32%) e il furto o frode di dati (32%). Già nei prossimi tre anni, tuttavia, questa classifica è destinata a cambiare: secondo le previsioni, al primo posto troveremo le incertezze sulla crescita economica (26%), seguite dalla iper-regolamentazione (23%) e dalla velocità dei cambiamenti tecnologici (21%), oltre alle implicazioni che inevitabilmente deriveranno dagli effetti della pandemia globale.
La percezione cambia radicalmente se ci si proietta in uno scenario di dieci anni in avanti: il 16% vede come principale rischio il cambiamento nelle abitudini dei consumatori, mentre in parallelo emerge una forte consapevolezza sulle tematiche legate ad ambiente e sostenibilità, come eventi meteo estremi (14%) e cambiamenti climatici e danni ambientali (11%).
Su queste tematiche sono emersi dati molto rilevanti, complici anche le politiche europee green che incentivano le aziende a definire comportamenti più virtuosi sulle tematiche ambientali e più in generale di sostenibilità.
I Risk Manager italiani si confermano particolarmente attenti, rispetto ai colleghi europei: il 46% di loro, infatti, ricopre un ruolo specifico relativamente al presidio delle tematiche ESG (Environmental, Social e Governance) e alla gestione dei rischi correlati, contro il 27% del resto d’Europa. In tale prospettiva, per riuscire ad integrare efficacemente le tematiche ESG nel processo di risk management, i professionisti del rischio si trovano ad affrontare sfide importanti, in primis la difficoltà nell’inquadrare puntualmente i rischi di sostenibilità, in relazione alla loro natura (81%) e la conoscenza ancora in parte limitata degli stessi (70%), così come la necessità di implementare meccanismi efficaci di collaborazione tra gli specialisti dei due ambiti e garantire supporto e commitment da parte del vertice aziendale.