
Per tutti gli intermediari di assicurazioni, non è certo un bel periodo. A giudicare da studi e previsioni varie, sembrerebbe infatti che la probabilità di essere costretti a lasciare il proprio lavoro per essere sostituiti da un robot entro il 2024 sia molto alta.
Secondo il sito internet willrobotstakemyjob.com, questo rischio sarebbe addirittura quantificato nel 92%, per gli agenti e i broker assicurativi. Una percentuale elevatissima che suonerebbe come una vera e propria condanna per gli intermediari professionali. Ma sarà veramente così? Difficile dirlo, anche se come sempre si tratta di indagini da prendere con le pinze e che andrebbero poi declinate nei vari paesi che presentano abitudini e costumi tra loro molto difformi.
Inoltre, nonostante le diverse “Cassandre” degli ultimi anni, il mondo dell’intermediazione, almeno nel nostro Paese, rimane ancora centrale.
Di certo, le nuove tecnologie rappresentano una sfida, ma il mondo dell’intermediazione è talmente variegato che ogni intermediario gioca la sua partita secondo le sue strategie.
Nel lasso di tempo preso in esame dal sito, solamente il 9% degli intermediari registrerebbe un incremento dei propri volumi di lavoro entro il 2024. Percentuali da far paura, ma che sono comunque migliori rispetto ad altre categorie, per le quali la condanna sarebbe inesorabile: “Claims Adjusters, Examiners, and Investigators” (98%), “Insurance Appraisers, Auto Damage” (98%), “Insurance Claims and Policy Processing Clerks” (98%), e “Insurance Underwriters” (99%).
All’interno dell’universo assicurativo solamente gli attuari sarebbero al riparo dal rischio automazione (21%).
Per la sua analisi, il sito willrobotstakemyjob.com ha elaborato i dati di uno studio realizzato nel 2013 da Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne, dal titolo “The Future of Employment: How susceptible are jobs to computerisation?”, nel quale i due autori esaminarono quanto le singole professioni fossero suscettibili all’informatizzazione o all’automatizzazione. Lo scopo della ricerca era di analizzare quanto i diversi lavori svolti oggi, potrebbero essere eseguiti dalle macchine, mettendo a rischio i posti di lavoro.
I due economisti britannici sono partiti con questo studio per approfondire la famosa affermazione degli anni Trenta del loro connazionale John Maynard Keynes: “Noi siamo colpiti da una nuova malattia di cui alcuni lettori possono non conoscere ancora il nome, ma di cui sentiranno molto parlare nei prossimi anni: vale a dire la disoccupazione tecnologica. Il che significa che la disoccupazione dovuta alla scoperta di strumenti economizzatori di manodopera procede con ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a trovare nuovi impieghi per la stessa manodopera”.