
La società di consulenza californiana ATTOM Data Solutions ha pubblicato uno studio circa l’influenza dei rischi naturali sulla compravendita di immobili negli Stati Uniti.
Gli analisti hanno preso in esame oltre 3.000 distretti in tutto il territorio nazionale, suddividendoli in cinque categorie in base al livello di esposizione alle catastrofi (uragani, tornado, inondazioni, terremoti, incendi, grandinate). In questo modo è stato possibile mappare nel dettaglio la rischiosità di ogni area attraverso un indice, il “2016 U.S. Natural Hazard Housing Risk Index”.
La ricerca mostra come il mercato immobiliare sia molto sensibile alla predisposizione del territorio agli eventi avversi. Nel primo semestre 2016 infatti, nei cinque stati meno rischiosi degli USA la vendita di case è aumentata del +4,2% rispetto ai sei mesi precedenti mentre nei cinque più propensi alle catastrofi il tasso di crescita è stato meno della metà, attestandosi +1,9%. Secondo ATTOM il trend non è limitato solo all’ultimo anno bensì riguarda anche i cinque esercizi precedenti, con le vendite che negli stati a basso rischio continuano ad aumentare a un ritmo superiore alla media nazionale.
Diversi tipi di rischi
Non tutti i rischi però influenzano allo stesso modo le decisioni del mercato. La correlazione più forte è quella riscontrata con uragani e terremoti, mentre tornado e grandine lasciano i potenziali acquirenti più indifferenti.
Tra le “nuove” minacce avvertite si registra però il rischio di innalzamento del livello del mare, che minaccia di sommergere potenzialmente 1,9 milioni di abitazioni costiere (il 2% delle case statunitensi) entro il 2100, causando potenzialmente 882 miliardi di dollari di danni. In alcuni territori la gravità della situazione è ancora maggiore: in Florida per esempio è a rischio il 12,5% delle case, mentre alle Hawaii il 10%.