Continuano a calare i finanziamenti bancari per le PMI italiane: -2,3% nel mese di marzo rispetto all’anno precedente. Il trend negativo per le piccole e medie impresi dura ormai da 7 anni e secondo l’Ufficio Studi della CGIA di Mestre espone le imprese al rischio di finire nelle mani della criminalità che sostituirebbe in qualche modo il credito bancario.
Il coordinatore dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, Paolo Zabeo, ha ricordato come nell’ultima Relazione annuale, la Banca d’Italia sottolinei che “dal 2012 il volume dei prestiti alle aziende con meno di 20 addetti è sceso costantemente”. Ciò sarebbe dovuto “solo in parte alla qualità della domanda e al livello di rischiosità di questi soggetti. Anche a parità di rischio, infatti, i tassi di interesse applicati alle imprese minori sono in media superiori di 300 punti base di quelli pretesi alle aziende di grandi dimensioni. Diversamente, si sono pressoché annullate le differenze tra gli interessi richiesti alle micro aziende maggiormente vulnerabili rispetto a quelle affidabili”.
Un problema non da poco visto che le imprese con meno di 20 addetti sono il 98% del totale e danno lavoro a circa 8 milioni di persone: un numero di occupati pari al 56,4% degli addetti totali del settore privato.
L’associazione mestrina è molto critica con la condotta degli istituti di credito. Il segretario della CGIA Renato Mason afferma che “quando una micro impresa si rivolge a una banca per ottenere un finanziamento, nella stragrande maggioranza dei casi quest’ultimo ha una dimensione economica molto contenuta. Ma se in prima battuta sembra una richiesta facilmente solvibile, successivamente si scopre che per redigere l’istruttoria ed erogare il prestito gli istituti di credito devono assumersi dei costi fissi molto elevati”. E sono costi “che riducono al minimo i margini di profitto di questa operazione. Questa è la ragione che ha spinto molte banche, soprattutto di livello nazionale, a chiudere i rubinetti del credito alle micro aziende”. E senza liquidità, sottolinea Mason, “molti artigiani e altrettanti piccoli imprenditori si sono trovati in gravi difficoltà”. Il danno per le PMI sarebbe doppio: secondo la CGIA, non è da escludere che venendo meno l’offerta creditizia da parte delle banche, molti piccoli imprenditori, soprattutto al Nord, siano finiti tra le braccia delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, sempre molto disponibili a “soccorrere” chi si trova a corto di liquidità. Il problema della liquidità riguarda in particolare le attività del comparto casa (edili, dipintori, elettricisti, idraulici, installatori impianti, serramentisti, etc.), che, con l’entrata in vigore del dl crescita rischiano di subire un ulteriore danno economico. “Le disposizioni previste dall’art. 10, infatti, stabiliscono che i privati, in alternativa alle detrazioni Irpef del 65 e del 50 per cento, possono cedere gli sgravi fiscali all'azienda a cui hanno affidato i lavori di riqualificazione energetica e/o di riduzione del rischio sismico, usufruendo di uno sconto molto generoso sulla fattura da onorare”, ricorda l’Ufficio Studi rilevando che solo le grandi aziende, che dispongono di liquidità, possono reggere il peso fiscale dei lavori di riqualificazioni. Da un lato, questa decisione “può rimettere in moto con forza l’economia del comparto casa, visto che consente al committente di beneficiare di uno sconto del 50% sul corrispettivo dovuto”; ma dall’altro “rischia di penalizzare le imprese che hanno realizzato l’intervento, visto che potranno incassare la metà del corrispettivo attraverso la compensazione fiscale entro i successivi 5 anni”. Insomma, per la CGIA “è evidente che una grande azienda può far fronte a questo meccanismo; ma chi non dispone di liquidità, come la stragrande maggioranza delle aziende artigiane del settore edile e dell’installazione degli impianti, rischia di dover rinunciare alla commessa, non potendo sostenere, e anticipare, una buona parte delle spese necessarie per realizzare l’opera”. Di conseguenza, “leimprese che si faranno carico di questo onere potranno permettersi di presentarsi al cliente e proporgli questa soluzione; mentre i piccoli artigiani saranno scoraggiati dal suggerire questa misura, con il pericolo di essere estromessi dal mercato”. Per questo motivo la CGIA ha inviato una nota all’Autorità del Garante e della Concorrenza del Mercato. Nota che segnala come “questa nuova legge crea una discriminazione fra operatori economici concorrenti, avvantaggiando quelli di maggiori dimensioni ed elevata capacità finanziaria, alterando le dinamiche del mercato, con l’effetto di restringere le possibilità di offerta per i consumatori finali”.
Una decisione che se non verrà modificata rischia di mettere in seria difficoltà il comparto casa, composto da oltre 625mila aziende (il 70% circa ad alta vocazione artigiana). Le stime relative al 2018, infatti, “ci dicono che le ristrutturazioni edilizie e gli interventi di riqualificazione energetica hanno generato investimenti incentivati dalle detrazioni fiscali per quasi 29 miliardi di euro, coinvolgendo quasi 427 mila addetti”, conclude la CGIA.