Ogni anno il mondo delle imprese italiane si deve far carico di 57,2 miliardi di euro a causa “del cattivo funzionamento della nostra burocrazia che avvolta da un coacervo di leggi, decreti, ordinanze, circolari e disposizioni varie, rende sempre più difficile il rapporto tra le imprese e la pubblica amministrazione”.
È’ quanto sostiene l’Ufficio studi della Cgia che ha provato a fare una stima sul peso della burocrazia sulle imprese a livello provinciale/regionale, calcolando l’incidenza del valore aggiunto sui 57,2 miliardi di euro di costo annuo elaborato dall’Istituto Ambrosetti.
“In questa simulazione, ovviamente, risultano essere maggiormente penalizzate quelle realtà territoriali dove è maggiore la concentrazione di attività economiche che producono ricchezza. La provincia dove il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la Pubblica Amministrazione è superiore a tutte le altre è Milano con 5,77 miliardi di euro. Seguono Roma con 5,37, Torino con 2,43, Napoli con 1,97, Brescia con 1,39 e Bologna con 1,35 miliardi di euro”, sottolinea la Cgia.
Le realtà imprenditoriali meno “soffocate” dalla burocrazia sono quelle di Enna (87 milioni di euro), Vibo Valentia (82 milioni) e Isernia (56 milioni di euro).
La Cgia rileva come “al netto delle disposizioni prese dalle singole regioni, in questi ultimi 2 mesi il Governo ha approvato una dozzina di decreti, costituiti da oltre 170 pagine, per fronteggiare l’emergenza Covid-19”.
Molti dei quali, segnala la Cgia, pressoché indecifrabili: come, ad esempio, il decreto liquidità che ha messo in grosse difficoltà le strutture operative sia delle banche sia del Fondo di garanzia gestito dal Mediocredito Centrale. A distanza di 10 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, infatti, nessuna impresa è ancora riuscita a ottenere 1 euro di prestito" sottolinea la confederazione.
“In Italia - sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - si stima vi siano 160.000 norme, di cui 71.000 promulgate a livello centrale e le rimanenti a livello regionale e locale. In Francia, invece, sono 7.000, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3.000. Tuttavia, la responsabilità di questa iper legiferazione è ascrivibile alla mancata abrogazione delle leggi concorrenti e al fatto che il nostro quadro normativo negli ultimi decenni ha visto aumentare esponenzialmente il ricorso ai decreti legislativi che, per essere operativi, richiedono l’approvazione di numerosi decreti attuativi. Questa procedura ha aumentato a dismisura la produzione normativa in Italia, gettando nello sconforto cittadini e imprese che ogni giorno sono chiamati a rispettarla”.
Secondo il segretario della Cgia Renato Mason. una soluzione è praticabile: “Si potrebbe ridurre il numero delle leggi attraverso l’abrogazione di quelle più datate, evitando così la sovrapposizione legislativa che su molte materie ha generato incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti sempre più onerosi, facendo diventare la burocrazia un nemico invisibile e difficilmente superabile”.