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Come cambia il risk management ai tempi delle fake news

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Lunedì, 26 Giugno, 2017 - 08:15
Autore: Gillespie

Nell’era dell’Industria 4.0 e dell’Intelligenza Artificiale, le macro aree di rischio aziendale per un risk manager non riguardano più soltanto impianti e macchinari - per i quali la sensoristica per la manutenzione predittiva ha aiutato ad anticipare un elevato numero di problematiche andando a monitorare i disfunzionamenti “a monte” - ma si sono decisamente spostate verso il “cyber”, sia in un’ottica di maggior sicurezza richiesta all’interno del sistema azienda che soprattutto in una di verifica del flusso informativo, sempre più veloce e incontrollato.

“A seguito del verificarsi di eventi considerati largamente improbabili dai media tradizionali, come i recenti risultati elettorali a favore dell’elezione di Trump e del referendum pro-Brexit, si è diffusa la teoria che l’opinione pubblica possa essere stata guidata da un flusso pilotato di notizie fuorvianti via web e social network”, ha affermato in una notail presidente di ANRA, Alessandro De Felice. “A prescindere dall’effettivo impatto imputabile alle fake news, è impossibile negare che una delle principali minacce globali ad oggi sia rappresentato dalla disinformazione o mala-informazione. Numerose evidenze dimostrano come in un mondo connesso 24 ore al giorno, un alto numero di informazioni non verificate possano andare a colpire persone, aziende ed istituzioni in ambito economico o sanitario”.

I ricercatori, le aziende tecnologiche e i fact-checker di tutto il mondo sostengono che la minaccia causata dalla diffusione della disinformazione non può essere sottovalutata.

Secondo Paul Resnick, docente presso l’Università del Michigan, la differenza oggi è nel “come” otteniamo le nostre informazioni: internet ha dato un megafono a molte voci che in precedenza venivano bloccate da un collo di bottiglia che controllava quello che sarebbe stato distribuito. Inizialmente in prospettiva molte persone erano entusiaste di questa apertura ad un maggior pluralismo, ma ora stiamo notando come alcune di quelle voci stiano iniziando a dire cose che non ci piacciono ed è subentrata preoccupazione su come possiamo controllare la diffusione di notizie che sembrano false.

C’è quindi un forte bisogno di un nuovo modo per decidere cosa sia affidabile, e il problema coinvolge anche le fonti dell’informazione: il Daily Mail è stata una fonte di notizie di fiducia per decenni nel Regno Unito, ma i redattori di Wikipedia hanno deciso di non utilizzare più la testata quale fonte di riferimento delle notizie, in quanto è stata considerata “generalmente inaffidabile”.

Eppure la stessa Wikipedia - che può essere modificata da chiunque ma utilizza squadre di redattori volontari per eliminare le imprecisioni - è ben lungi dall’essere perfetta. “La sovraesposizione a qualsiasi fonte di notizia (vera o meno) rende il processo di informazione oggi qualcosa di diverso dalla ricerca della verità, trasformandolo in qualcosa più affine alla ricerca e alla conferma di opinioni già in proprio possesso” ha aggiunto De Felice. “I mediatori classici non vengono più considerati come tali ed ogni fatto può avere una controprova online con lo stesso grado di credibilità, creando un corto circuito informativo”.

Per coloro che si trovano dietro le fake news, la capacità di condividerle ampiamente sui social media significa avere accesso ad una grossa fetta di ricavi pubblicitari provenienti dai clic. Si è scoperto che molte fake news riguardanti le elezioni politiche americane proveniva da una piccola città nella ex Repubblica Yugoslava di Macedonia (Veles) dove alcuni giovani avevano costruito uno schema per guadagnare soldi facili, pagando Facebook per promuovere i loro post e poi raccogliendo i premi dell’enorme numero di visite sui propri siti web creati ad arte.

Da parte loro, i giganti delle tech company affermano di avere preso a cuore il problema, lavorando sulla precisione dei propri algoritmi in modo da tenere conto della fonte al momento di mostrare i risultati delle ricerche e aiutando le organizzazioni di fact checking come Full Fact, che sta sviluppando nuove tecnologie capaci di identificare e correggere in tempo reale anche i “falsi proclami” provenienti da dichiarazioni pubbliche.

Un altro approccio potrebbe essere quello di condizionare i motori di ricerca in modo da proporre informazioni conflittuali con la visione del mondo di un utente sulla base delle sue ricerche. Allo stesso modo i retailer online potrebbero consigliare film e libri che forniscono un punto di vista alternativo ai prodotti che una persona acquista normalmente, portando le persone al di fuori della propria comfort-zone ed evitando una radicalizzazione del pensiero all’interno di vere e proprie bolle. 

Tag: 
Fake news
ANRA
Cyber Risk
Industria 4.0

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