Dalla relazione Covip si rileva che a fine 2020 gli iscritti alle forme di previdenza complementare erano pari a 8,4 milioni, in crescita del 2,2% rispetto all’anno precedente. In pratica 1 lavoratore su 3 è iscritto a un fondo pensione.
Secondo i dati raccolti da Covip, ovvero la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, le posizioni in essere erano 9,3 milioni (inclusive di posizioni doppie o multiple, dello stesso iscritto). Nel 2020 però circa 2,3 milioni di iscritti (il 27,4%) non hanno effettuato versamenti mentre circa un milione di lavoratori non effettua versamenti ai fondi da cinque anni.
I fondi negoziali contavano 3,2 milioni di iscritti a fine 2020, quasi 1,6 milioni erano gli iscritti ai fondi aperti e 3,3 milioni ai Pip (i piani individuali) “nuovi”, mentre gli iscritti ai fondi preesistenti risultavano di poco superiori alle 600.000 unità.
Gli uomini sono il 61,7% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali). Il 31% degli iscritti ha almeno 55 anni. Il 57% degli iscritti risiede al Nord. Alla fine del 2020, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 198 miliardi di euro, in aumento del 6,7% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 12% del Pil e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. I contributi incassati nell’anno sono pari a circa 16,5 miliardi di euro. I contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.740 euro nell'arco dell’anno, ma il 27,4% del totale degli iscritti alla previdenza complementare (circa 2,3 milioni) non ha effettuato contribuzioni nel 2020.
I fondi pensione in Italia sono 372, la metà rispetto al 1999.
“Fondi e casse possono svolgere un ruolo importante a supporto dell'economia nell'emergenza pandemica, assumendo iniziative che si inquadrino in un progetto di ampio respiro che abbia il baricentro nella promozione della crescita, come il Piano nazionale di ripresa e resilienza”, ha detto il Presidente della Covip, Mario Padula, nella sua relazione annuale. Le eventuali iniziative, ha aggiunto Padula, ovviamente, devono tenere conto “del loro compito di investitori di risparmio previdenziale: tali enti possono offrire un contributo a condizione che, in un'ottica di lungo periodo, le opzioni di investimento disponibili offrano un ritorno, aggiustato per il rischio, adeguato agli obiettivi previdenziali, rilevando anche da questo punto di vista la distinzione tra debito e capitale e tra orizzonti di breve e lungo periodo”.