“Le conoscenze degli italiani in campo assicurativo sono molto basse, soprattutto in ambito femminile: appena il 25,5% delle donne dimostra di avere competenze assicurative, contro il 35,9% degli uomini, pari a oltre il 10% in meno”, dichiara Emanuela Rinaldi, professoressa di Sociologia dei processi culturali all’Università Bicocca e ideatrice dell’evento “Assicurazioni e donne: differenze di genere tra competenze e carriere”, con la collaborazione di Alleanza Assicurazioni e First-Cisl.
Nell’incontro è stata presentata l’indagine Ivass sulle conoscenze assicurative degli italiani, condotta dal team di ricerca comportamentale dell’Università di Milano-Bicocca e Doxa su un campione rappresentativo di oltre 2.000 persone.
Dalla ricerca emerge che soltanto una donna su tre (il 32,5% del campione) riconosce i concetti assicurativi di premio, franchigia o massimale, contro il 49,3% degli uomini, mentre meno di una su quattro (il 18,5%) sa descrivere i prodotti assicurativi, come polizze infortuni, coperture di previdenza complementare e polizze caso morte, concetti ostici anche per gli uomini (li conosce solo il 22,4%).
“È vero che le donne mostrano un livello di conoscenze di base inferiore rispetto agli uomini, tuttavia il divario reale è inferiore a quello che appare dai numeri, perché le donne sono pienamente consapevoli dei propri limiti (il 75% giudica medio-bassa la propria competenza assicurativa), mentre gli uomini mostrano alti livelli di overconfidence: il 65% considera la sua competenza medio-alta”, spiega Veronica Cucchiarini, coautrice della ricerca insieme con il professor Riccardo Viale, dell’Università di Milano Bicocca.
Risulta problematico anche il rapporto degli italiani con la comunicazione assicurativa: “Più del 50% degli intervistati è insoddisfatto della comprensibilità della comunicazione assicurativa e soltanto il 34% valuta “abbastanza comprensibile” il set informativo dei prodotti assicurativi”, si legge nella ricerca. I punteggi più bassi sulla qualità della comunicazione assicurativa sono quelli attribuiti dalla popolazione con un titolo di studio più elevato (laurea).
Gli italiani contestano soprattutto l’eccessiva lunghezza dei testi e l’uso di una “terminologia autoreferenziale” e chiedono una migliore comprensibilità del linguaggio contrattuale (54,1%) e maggiore chiarezza su aspetti specifici, quali franchigie e scoperti (53,2%), durata dei contratti (44,1%) e quali casistiche sono coperte o non coperte (42,5%).
Infine, emerge una contraddizione tra quanto si dichiara e i comportamenti reali. Per esempio, tra i timori più sentiti per il presente o il futuro, gli intervistati hanno indicato al primo posto i problemi di salute per malattie o infortuni (76,7%), ma soltanto il 10,6% sottoscrive una polizza malattie e il 20,2% una polizza infortuni. Mentre per quanto riguarda le calamità naturali, si rileva una maggiore preoccupazione al Sud e nelle Isole rispetto al Nord, quando invece è al Nord che si riscontra la maggiore percentuale di sottoscrizione di queste polizze, con circa il 20%, contro il 10,4% al Sud e il 4,1% nelle Isole.